Intervista: Alessandro Poli
L’intervistato di questa settimana si presenta da solo: Alessandro Poli, disegnatore Bonelli, classe 1965. Inizio con la domanda consueta: Da dove vieni? Sono nato, cresciuto e residente tuttora a Bologna. Allevato a tortellini e fumetti, nella mia famiglia tutti li leggevano: mia madre e mia nonna leggevano fotoromanzi, mio padre Diabolik e Tex, oltre ai suoi quotidiani. Il primo fumetto che mi viene in mente di aver avuto sotto mano era un libro di Atomino, ma ne ho avuti quasi tutti i tipi: Asterix, bonelliani, supereroi Marvel, allora pubblicati dalla Corno, ma l'imprinting principale l’ho avuto da Magnus, su Alan Ford e John Buscema e Neal Adams sui supereroi dell’epoca. Poi a cascata praticamente tutti, letteralmente folgorato da Moebius all’inizio degli anni ‘80. Dopo la scuola dell’obbligo ho frequentato un corso di grafica pubblicitaria per quattro anni e nel contempo, nell’81-82, ho frequentato un corso di 6-8 mesi di fumetto, penso il primissimo corso di fumetti aperto a Bologna in quegli anni. Ho iniziato a lavorare come grafico ma soprattutto, anzi esclusivamente, layout e story-boards sia come dipendente che come libero professionista fino a i primi anni 2000, per essere poi arruolato dalla Bonelli, grazie alla fiducia concessami prima da Spiritelli, di fumo di china, che mi ha messo in contatto con l’allora curatore di Dylan dog: Mauro Marcheselli. Dove sei in questo momento? Da pochissimo mi sono trasferito con il tavolo da lavoro presso uno studio di illustratori che si trova in centro a Bologna, Studio Urca. Mai scelta fu più felice, la condivisione dello spazio con altri ragazzi che si occupano di fumetto e illustrazione mi è di grande stimolo e incentivo e mi sta aiutando tantissimo ad uscire da quella stagnazione psicofisica che avevo raggiunto. Lavorare da solo al momento non fa per me, ho bisogno di vedere gente, discutere sul lavoro e scambiare punti di vista. Per me fare fumetti significa avere l’occasione di lasciare qualcosa che rimanga nel tempo, che abbia una vita un po’ più lunga di quello che facevo prima, che finiva cestinato appena sfruttato nelle presentazioni ai clienti. Tutto sommato spero sempre di fare qualcosa che mi sopravviva.
Che tipo di riscontri hai dai lettori? Negli anni pre-internet il contatto con il pubblico avveniva solo durante manifestazioni come fiere e incontri, oggi i social ci offrono continui riscontri con il pubblico anche se solo in parte. Questo rapporto va gestito con molta attenzione, cercando di avere un comportamento, almeno per me, positivo, aperto alle critiche e se possibile mai offensivo o provocatorio (questo se si vuole dare una buona impressione di sé almeno). Queste le mie intenzioni, và detto che i social sono solo uno strumento, e come tale rispecchiano le peculiarità di chi li usa, và da sé che si possa incontrare qualsiasi tipo di persona, sta a noi decidere a chi aprire la la porta e a chi no. Detto questo ho più o meno sempre avuto apprezzamento per quello che faccio, da una ristretta schiera di amici che, bontà loro, seguono e apprezzano quello che pubblico. Voglio però segnalare che al contrario di quanto pensavo all’inizio, i social non sono assolutamente un luogo di confronto costruttivo e aperto: le critiche, l’ho scoperto a mie spese, non sono quasi mai accettate, anche se motivate, ma interpretate come offese personali. Il confronto, quello serio, può avvenire solo in via privata, e con poche, pochissime persone che sono sinceramente interessate alla condivisione del proprio lavoro con altri, praticamente tra pochissimi amici. Come vedi gli sviluppi del mondo del fumetto? Questo mondo si sta modificando sotto i nostri piedi, il fumetto sta emigrando dalle edicole, che stanno chiudendo, alle librerie, che per abitudine tutta nostra sono sempre troppo poco frequentate. Per quanto riguarda le persone che lo frequentano, bè… sono persone, esattamente come lo sono in qualsiasi altro ambiente, e anche qui, troviamo autori fantastici sia come artisti che come persone, poi ci sono bluff, che si sono venduti bene, quelli che possiamo chiamare i miracolati, i sopravvalutati e sottovalutati e sì anche qui troviamo maschilismo, razzismo, ma anche passione per l’arte e per il bello, anche se solo fine a sé stesso, e come detto per i social, anche qui possiamo scegliere a cosa dare valore. Dove stai andando? Dopo aver lavorato per la Bonelli, anche se per lungo tempo, ho fatto veramente poche cose, ora sto tentando di approdare nel mercato francese, sono in ballo un paio di progetti, che speriamo si concretizzino.